Lasciato alle spalle l'orrore bellico il movimento si ricompone spontaneamente e nel 1946 a Milano si tiene il primo congresso nazionale del dopoguerra. I 20-25 anni che seguono sono caratterizzati da una crescita complessivamente lenta, ma costante. Sarà negli anni '70 che, con l'avviarsi dei grandi processi di riforma e con il dibattito ad essi legato, si apre il confronto tra posizioni molteplici ed eterogenee all'interno del movimento.
Un processo di rinnovamento che ha il suo culmine con il congresso di Sarzana del 1978: ne esce una Federazione Nazionale profondamente rinnovata sia nell'immagine che nelle proposte. Su questa strada, le Pubbliche Assistenze, nel corso degli anni, si profilano sempre più un autorevole interlocutore nel mondo del volontariato moderno e dell'associazionismo, nei confronti delle forze politiche e sociali. Contemporaneamente si moltiplicano e si intensificano le attività, le iniziative dell'organizzazione, sia nel suo insieme che nel particolare delle singole associazioni.
Un'ulteriore e decisiva svolta è rappresentata nel 1987 dal congresso nazionale di Lerici: viene elaborato un nuovo statuto nazionale che, innanzitutto modifica la denominazione stessa della Federazione. Nasce così l'A.N.P.AS., Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze.
Il cambiamento, oltre che d'immagine, è l'espressione di un'evoluzione che mira al rafforzamento di una concezione unitaria di un grande movimento di volontariato e di solidarietà assai diversificato storicamente, culturalmente e geograficamente, cui aderiscono oltre un milione di persone. Tale rinnovamento è accompagnato da una straordinaria crescita e maturazione associativa, che porta l'A.N.P.AS. alla sua attuale estensione: 744 sedi di pubblica assistenza, 87.000 volontari, più un milione di soci, 1.545.000 servizi di emergenza e di trasporto sanitario effettuati in un anno, 2.700 ambulanze, 1600 mezzi di trasporto socio-sanitario; grandi progetti di solidarietà internazionale, tra cui il "progetto Chernobyl" in collaborazione con la Fondazione "Help For Chernobyl Children" in Bielorussia, e la presenza al campo profughi di Posuje, in Bosnia-Erzegovina, i grandi interventi di protezione civile.
L'avvento dell'era industriale e la conseguente trasformazione di un'economia agricola in un sistema più articolato e complesso, con grandi realtà produttive che attraevano verso la città le popolazioni rurali, determinò - anche nella nostra regione - l'emergere di una serie di problematiche connesse all'esigenza di assicurare un primitivo servizio di assistenza e soccorso destinato prevalentemente alle maestranze soggette ad incidenti sul luogo di lavoro.
Le iniziative spontanee nate all'interno delle grandi fabbriche e nei circoli operai o per l'ispirazione di industriali illuminati e di operatori sanitari lungimiranti, furono decisive per la costituzione delle prime "CROCI". Già nei primi anni del secolo queste Istituzioni si diffusero in numerose città del Piemonte, con scopi e funzionamento già ben delineati e fondati sui principi della solidarietà sociale, della apoliticità e dell'assenza di qualsiasi fine di lucro.Alla "Croce Verde" di Torino (1907) seguirono, in rapida successione, le consorelle di Asti (1909), Nizza Monferrato (1910), Alessandria (1911), Pinerolo (1911) e la "Croce Bianca" di Acqui Terme (1919).
Con le loro ciclobarelle, le barelle a trazione ippica e con le rare autoambulanze, venne così radicarsi nel tessuto sociale la cultura solidaristica che, pur tra mille difficoltà e limitazioni, si andava concretizzando attraverso atti di abnegazione e sacrificio di comuni cittadini appartenenti a tutti gli ambienti sociali e culturali. Un considerevole ostacolo all'espansione delle "Pubbliche Assistenze" in Piemonte fu rappresentato dapprima dallo scoppio della guerra mondiale, con il regresso dell'Associazionismo Volontario in una regione che si dovette sacrificare alle necessità belliche della Nazione, in seguito si aggiunsero le difficoltà economiche e sociali in cui si dibatteva l'Italia dal primo dopoguerra. Il regime fascista, non potendo tollerare il libero Associazionismo, veicolo di idee e di scambio di opinioni, decretò scioglimento delle Associazioni di Pubblica Assistenza non costituite come ente morale, con assorbimento del personale e dei mezzi nella "Croce Rossa". Solo la "Croce Verde" di Torino poté continuare ad operare mantenendo alta la bandiera delle "Pubbliche Assistenze".
Per dieci lunghi anni si fu costretti ad operare sotto mentite spoglie, ma già pochi giorni dopo la fatidica data della Liberazione lo spirito che quasi quarant'anni prima aveva determinato la nascita delle "Pubbliche Assistenze" riprende ad ispirare coloro che, presto, decretano il ritorno alla luce delle Associazioni disciolte cui, in breve tempo, si aggiungono la "Croce Verde" di Ovada (1946), di Porte e di Perosa Argentina (1947).
È l'inizio di una nuova storia che giunge fino ai giorni nostri, con la nascita ed il consolidamento delle Associazioni di Pubblica Assistenza che, con il passare degli anni, costituiranno un "esercito" sempre più numeroso e preparato che invaderà tutta la Regione recando il proprio messaggio di solidarietà di partecipazione, cimentandosi, oltre che nelle attività tradizionali di soccorso e di trasporto degli infermi, anche in tutti quei settori (come la Protezione Civile, la cooperazione internazionale, l'informazione alla popolazione) in cui le Pubbliche Assistenze ritengono di poter portare il contributo di migliaia di uomini liberi per cui la solidarietà non è un concetto astratto ma l'impegno quotidiano, sentito, condotto non per legge o per contratto, ma per coscienza!